La storia dell'Aès di Roncobello
Nel maggio - giugno 1959, quale Magistrato in servizio al triibunale di Bergamo venni nominato Presidente di seggio per le elezioni comunali di Moio dè Calvi. Il primo giorno, sabato, nel tempo libero mi sono dedicato a conoscere Piazza Brembana e il secondo giorno, domenica, Moio dè Calvi. La tarda mattinata del lunedì, vedendo il seggio deserto, affidai le operazioni elettorali al Vice Presidene del seggio e mi diressi verso la valle di Roncobello, che non avevo mai conosciuto prima di allora. Superato di buon tratto l'abitato, proseguii a piedi lungo un sentiero verso l'alto, affascinato dalla bellezza del bosco in quale particolare momento di primavera. Raggiunta una radura, fui stupito da uno stupendo esemplare di abete che sovrastava notevolmente tutti gli alberi vicini. Era il famoso "Aès".
Mentre meditavo sulla bellezza e singolarità dell'albero e cercavo di spiegarmi la ragione della sua altezza così insolita, ebbi la fortuna di vedere sopraggiungere dall'alto un vecchio montanaro con un fascio di legna sulle spalle che gettò subito a terra per riposarsi un momento. Entrambi ci salutammo e volendo interrompere la solitudine del luogo e del momento, come spesso succede, iniziammo a conversare.
Dopo alcuni commenti in dialetto, che mi piace sempre ascoltare dalle persone abituate a parlarlo quotidianamente, gli riferii le mie impressioni sull'albero gigantesco e gli chiesi a chi appartenesse. Il vecchio sorrise compiaciuto e mi raccontò questo commovente episodio: agli inizi del secolo scorso (1900) un pastorello frequentava la zona, sia per il pascolo, sia per il legnatico, sia per la ricerca di funghi, mirtilli ed altri motivi. Come frequentemente allora si usava, il ragazzo incise con il suo falcetto il proprio nome sul tronco dell'albero più grande della zona e più evidente per i passanti.
Sopravvenne purtroppo la prima guerra mondiale, del 1915/18, ed il giovane venne richiamato come alpino e destinato al fronte dove sugli altopiani veneti trovò la morte.
Verso gli anni venti, dopo la guerra, il proprietario del bosco si decise a vendere il legname ed un bel giorno arrivarono sul posto le squadre di operai per l'abbattimento dei tronchi ed il trasporto a valle. Il padre del ragazzo, che aveva sempre avuto nel cuore il proprio figlio scomparso, e si commuoveva ogni volta che passava nei pressi dell'"Aès", con il nome inciso sul tronco, avvicinò gli uomini incaricati del taglio e li pregò di accettare il prezzo dell'albero, per evitare il suo abbattimento. Il valore economico era poco, ma grande quello morale anche per un modesto montanaro. Quelle persone semplici lo compresero e l'abete venne salvato.
Ancora oggi si può ammirare in tutta la sua bellezza sul sentiero che sale da Roncobello. Il tempo passa ma i sentimenti si tramandano di generazione in generazione... Voglio quindi ricordare che il romanticismo dei secoli passati non era un aspetto esclusivo dei poeti e delle persone colte, ma un patrimonio comune anche delle persone semplici, come i montanari delle nostre valli.
Gian Giacomo Della Torre